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Rischio amianto: ecco cosa dice la Legge 81/2008

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come si è evoluta la sensibilità normativa

rischio amianto

La valutazione rischio amianto sui luoghi di lavoro è un’esigenza relativamente recente. Fino a qualche anno fa non si era infatti a conoscenza della pericolosità di questo metallo, potenzialmente cancerogeno, che veniva infatti utilizzato sui luoghi di lavoro, in ambito edilizio (sono all’ordine del giorno le operazioni di bonifica) e in contesti di ricerca scientifica soprattutto in ambito chimico.

Oggi la valutazione rischi amianti è normata a livello legislativo e il testo di riferimento è la Legge 81/2008, che ha permesso di svoltare radicalmente per quanto riguarda l’approccio alla sicurezza sul lavoro nel nostro Paese.

 

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Rischio amianto: come si è evoluta la sensibilità normativa

 

La questione della valutazione dei rischi legati all’esposizione all’amianto ha una storia normativa iniziata ben prima del varo della Legge 81/2008. Con la Legge 257/1992 è stata infatti vietata l’esportazione e la commercializzazione di questo metallo che, come abbiamo già ricordato, è presente in tantissimi contesti.

Fondamentale è ricordare che non è sufficiente parlare di rischi amianti basandosi unicamente sulla sua presenza. Perché l’amianto sia pericoloso è necessario che sia sottoposto a un processo di deterioramento, che è dovuto soprattutto all’incuria in cui versano tantissimi edifici residenziali – l’aspetto del rischio amianto in casa è un punto molto considerato nel testo della Legge 81/2008 – e cantieri edili.

La Legge 257/1992 ha rappresentato senza dubbio un passo importante ma non sufficiente, dal momento che non ha previsto nessun obbligo di rimozione dell’amianto presente in edifici civili, luoghi di lavoro e cantieri edili.

 

Legge 81/2008: come gestire la valutazione

valutazione rischio amianto

Come già ricordato, con il varo della Legge 81/2008 è cambiato radicalmente l’approccio al rischio amianto. L’articolo 249 del D.Lgs 2008 rappresenta il punto di riferimento principale per capire come gestire sui luoghi di lavoro la valutazione del rischi amianti.

Nel suddetto articolo viene specificato che spetta al datore di lavoro il compito di effettuare la valutazione in merito. Questo punto di partenza ci aiuta a capire che nel DVR (documento valutazione rischi, da rivedere una volta ogni tre anni e da redigere a prescindere dal settore in cui opera l’azienda) devono essere indicati tutti i dettagli tecnici relativi all’ da esposizione ad amianto su un determinato luogo di lavoro.

 

Valutazione rischi amianto: altre informazioni essenziali

rischio eternit

Sono sempre di più le notizie che, come abbiamo già specificato, parlano dei bonifiche di amianto in luoghi di diverso tipo. Spesso capita che queste operazioni non siano possibili e tale situazione può riguardare anche i luoghi di lavoro. Soffermarsi su tale aspetto è fondamentale dal momento che il datore di lavoro, una volta effetuata la verifica della presenza di amianto e appurata l’impossibilità a procedere con la rimozione, deve informare le persone che operano professionalmente in un determinato luogo della situazione, e procedere al contatto con uno specialista che redige una certificazione relativa allo stato di deterioramento dell’amianto il che, come già specificato, permette di avere un’idea della pericolosità del contesto e sugli aspetti tecnici e sanitari in merito.

Tra gli aspetti tecnici dei quali è fondamentale tenere conto è presente l’obbligo, che vige dal 2003, di comunicare all’Asl locale la presenza di amianto in un luogo specifico, che può essere un edificio adibito a destinazione residenziale o un luogo di lavoro.

 

Parlare degli aspetti sanitari significa invece chiamare in causa la necessità, una volta completato il processo relativo al calcolo della presenza di amianto e allo stato d’integrità, di redigere un piano di sorveglianza sanitaria avente l’obiettivo di monitorare i potenziali rischi che può provocare nel corso del tempo la presenza di amianto (quanto appena specificato rappresenta un obbligo del datore di lavoro, che deve operare assieme al medico competente).

 

Eternit: dove informarsi

 

Quando si parla di rischio eternit – che in un edificio può trovarsi in luoghi a volte impensabili, come per esempio le piastrelle in linoleum – è necessario trovare delle fonti informative autorevoli.

Quali sono le migliori? Rispondere a questa domanda è chiaramente importante e implica la necessità di non limitarsi alla considerazione del testo legislativo 81/2008, ma di considerare anche documenti come il Dossier Amianto dell’Inail, un punto di riferimento essenziale per capire lo stato della presenza di amianto nel nostro territorio nazionale.

Secondo quanto specificato nella versione pubblicata sul sito Inail nel luglio 2015, sono attualmente più di 30.000 i siti contaminati presenti in Italia da Nord a Sud.

Fondamentale è ricordare che si tratta di un numero da aggiornare, tenendo conto dei risultati della mappatura Inail ancora in corso.

Tutte queste competenze ovviamente un addetto al corso rspp milano deve conoscerle!

Benefici previdenziali per i lavoratori esposti ad amianto

 

Molto importante è ricordare che l’Inps prevede specifici benefici previdenziali dedicati ai lavoratori che sono stati esposti ad amianto per più di 10 anni nel corso del tempo di esercizio della loro attività professionale (in questo novero è per esempio possibile ricordare i vigili del fuoco, che hanno a che fare direttamente con l’amianto quando gestiscono incendi di grandi dimensioni).

Su cosa si basano questi benefici? Ecco qualche indicazione al proposito:

  • Calcolo della pensione effettuato tenendo conto di una maggiorazione pari all’1,5% in caso di esposizione all’amianto che ha provocato una malattia documentata dall’Inail.
  • Calcolo della pensione effettuato tenendo conto di una maggiorazione pari all’1,25% in caso di esposizione all’amianto quantificato in 100 fibre litro per un lasso di tempo pari ad almeno 10 anni.

Altro aspetto molto importante da ricordare è che i benefici in questione non possono essere richiesti dai lavoratori iscritti prima del 2003 all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali. Quando si parla di esposizione nell’ottica della valutazione dei benefici previdenziali, è utile ricordare che in caso di malattia non è richiesta una durata minima di esposizione che, negli altri casi, è pari a 10 anni.